Dentro e fuori Stefanelli

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Dentro e fuori Stefanelli

Musicista polistrumentista, lo troverete al basso come alla chitarra, ai synth e alle tastiere, in una delle sue tante esibizioni dal vivo; autore e compositore di tutti i suoi brani, da poco diplomato in Musica Elettronica e Nuove Tecnologie al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, Stefanelli nel corso dell’ultimo anno ha deciso di reinventarsi e mettersi in gioco ancora una volta, non risparmiandosi e donando tutto se stesso ad un nuovo progetto.

 

Stefanelli è già fondatore e frontman della band Kafka sulla spiaggia, di cui è anche autore, cantante, pianista e chitarrista, ed è già bassista della band Blindur con la quale è partito per un importante tour nazionale in vista della presentazione dell’album “A”. Tante anime e tanti lati da scoprire, un unico comune denominatore: la curiosità e la voglia di sperimentare.

 

Stefanelli propone pop dal sapore lo-fi e dal gusto internazionale, dopo “Controcorrente” e “Rondò” è da poco uscito il terzo singolo “Dentro di me”. L’immaginario delle sue canzoni ci accompagna per mano tra le pieghe della sua complessa interiorità, tra le macerie urbane di una società che insieme accoglie e respinge, in una dimensione sempre alla ricerca della comunione con gli altri pur nella consapevolezza di una distanza che non viene mai meno, nella speranza di riuscire a trovare una via d’uscita a queste contraddizioni.

 

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui.

 

L’esperienza con la band Kafka sulla spiaggia, di cui eri frontman e autore, l’esperienza con Blindur come parte della band, ora l’esperienza da solista come Stefanelli. Cosa è cambiato e quale invece è il filo conduttore che lega tra loro tutte queste esperienze e progetti diversi?

S.: Non sono sicuro che sia cambiato qualcosa oltre me. Ritengo che tutte le esperienze musicali fin qui raccolte mi hanno dato tantissimo e sono sicuro che continueranno a farlo. Sicuramente questi tre progetti sono i più sinceri con cui abbia mai lavorato, ma potrei essere di parte.

 

Cosa ha ispirato la scrittura dei singoli che abbiamo ascoltato finora e quelle contenute nel disco che verrà? Quali immagini, sensazioni, esperienze?

S.: Ero in corsa da molti anni alla ricerca di qualche oggetto misterioso capace di soddisfarmi e ad un certo punto è crollato tutto. Stare in casa mi ha fatto scoprire tante cose belle che ho voluto raccontare con questi brani in modo semplice.

 

L’esperienza del live, fondamentale per un musicista, in questo momento di emergenza sanitaria purtroppo manca. Che rapporto hai tu con i live? Che cosa hanno significato per te nelle tue esperienze passate e cosa speri possano darti nel prossimo futuro, quando finalmente avrai la possibilità di portare in giro le nuove canzoni?

S.: Il momento live è la giusta ricompensa per dei lavori discografici che richiedono davvero tanto impegno, fatica e sudore. Quindi non possono che essere la festa per l’obbiettivo raggiunto. Sono un festaiolo e poter risuonare dal vivo significherà poter festeggiare di nuovo insieme, come delle grandi comunità riunite per un rituale magico.

 

La scelta delle cover che decidi di reinterpretare è sempre particolare. Scegli sempre brani “insoliti” e, direi, poco inflazionati. Penso al brano di Lil Peep, o alla canzone natalizia di Dolly Parton, a “Love will tear us apart” dei Joy Division. Quali sono i tuoi ascolti, a quali musicisti ti ispiri e come scegli i brani da fare tuoi? C’è un musicista con il quale ti piacerebbe collaborare in particolare?

S.: Poter suonare brani di altri è bellissimo. Scelgo le cover nello stesso modo in cui scrivo canzoni. Mi trovo ad avere dei brani in testa, delle parole mie o di altri che sono esattamente quello che vorrei dire e quindi lo faccio. Parentesi a parte per il brano dei Joy Division, perché sono un estimatore di Peter Hook e del suo modo di suonare il basso. Mi fa sempre battere il cuore sentirlo suonare.

 

Ti ripropongo un gioco che ho proposto anche a Il Befolko nella precedente intervista. Se dovessi associare le tue canzoni ad un sapore, quale sarebbe? E ad un colore? Ad un luogo?

S.: I miei brani credo siano leggermente acri quindi direi anche gialli. Per la prima volta da quando scrivo posso dire che le canzoni parlano di Napoli e mi rimandano continuamente alla mia città.

 

 

 

Roberta Cacciapuoti

Roberta Cacciapuoti. Insegnante di lettere, direttrice artistica e fotografa musicale. Arte e musica sono il filo rosso che lega ogni cosa.