“Quel luogo a me proibito” – di Elisa Ruotolo

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“Quel luogo a me proibito” – di Elisa Ruotolo

“Quel luogo a me proibito” – di Elisa Ruotolo

Romanzo di formazione “Quel luogo a me proibito” (Feltrinelli), storia di una difficile “educazione sentimentale”.
Un libro urticante, di lettura a tratti disturbante, che chiama tutti – me senz’altro – a fare i conti con la “mala educacion” dei sentimenti legata ai contesti di quel mondo contadino che era (è) un luogo non solo fisico ma dell’anima, senza speranza, un mondo primitivo dove è negato tutto, gli affetti, gli istinti, dove ogni desiderio è una colpa da espiare, e dove anzi, seguendo un ordine immutabile di priorità, devono essere prima espiati, da sempre e per sempre, i “peccati” delle generazioni precedenti, e quindi quelli delle generazioni attuali (dove i “peccati” non sono altro che la vita, con le scelte che impone, gli incontri che ci riserva, gli errori che commettiamo, e soprattutto – non necessariamente coincidenti – gli affetti e gli istinti appunto).

 

All’interno di questo mondo, la io narrante si descrive come chiusa in una specie di uovo che anzichè schiudersi si allarga, ma non si rompe (un “barattolo”, come la nota canzone di Renato Zero).
“Troppa vita fa male” le dice la madre, il corpo è “un animale da tenere a bada”.

 

E lei quel corpo – un corpo “bonsai” perchè amputato di fatto di tutti gli aspetti affettivi e sessuali – lo abita, ma non lo sente: l’opera di anestetizzazione dei sensi è cominciata molto prima di lei, fa parte della sua memoria prenatale, lei ha ricordi di cose che non ha vissuto, e di cui si vergogna, in una percezione di oscenità che investe tutto quello che non fa parte del nucleo primigenio che è molto più antico di lei e che tutto inghiotte, in un “bianco” che, contrariamente a quel che si crede, è in grado di annullare ed inghiottire tutti gli altri colori.
Fuori dal contesto concentrazionario del nucleo familiare, questa Io senza nome fa i conti con il mondo esterno, incontra chi da quei lacci e vincoli ha imparato da sola, seguendo l’istinto, a svincolarsi, da cui subisce una specie di “bullizzazione”, ma verso cui prova una attrazione (“Ma al mondo non si sta composti, si sta vivi”) a cui resiste in una sorta di espiazione per il solo fatto di averla provata,
Una figura che ritroverà tanti anni dopo in un confronto più aperto e sincero, con il suo carico di errori che le pesano ma che fanno parte di una vita vissuta seguendo “l’odore del sangue”, che poi è l’odore della vita.

 

Quell’odore che lei avverte e da cui è attratta, sentendo in lei agitarsi uno spirito ferino che lei sa essere appartenuto alla nonna, donna che a quel mondo ed alle sue trappole era sfuggita in un tempo lontano e la cui vita era tutto un grande peccato, la cui espiazione sarebbe stato da sempre e per sempre a carico delle generazioni future.
Poi, ad un certo punto, l’incontro con “Lui”, una specie di improvvisa apparizione proveniente da un altrove a lei sconosciuto, che a me ha ricordato, per lo stravolgimento che porta nella vita della protagonista, il personaggio interpretato da Terence Stamp in “Teorema” di Pasolini, ma con un idea della civiltà contadina che nel libro di Elisa Ruotolo appare all’opposto della idealizzazione pasoliniana.
Infine, una nota a parte merita il linguaggio, che è a mio avviso unico ed originale nel panorama della letteratura italiana e che contribuisce per la sua parte a consacrare Elisa Ruotolo come una delle più importanti scrittrici italiane contemporanee.

 

 

 

 

 

 

Nicola Purgato, nato per caso a Milano il 28 maggio 1954. Sono cresciuto in un paese vicino Aversa, che si chiama Frignano e viene un po’ prima di Casal di Principe andando verso il mare. Ho fatto il liceo classico ad Aversa, liceo “Domenico Cirillo”. Laureato in giurisprudenza, faccio l’avvocato civilista da 41 anni. Non ho competenze particolari, so di non sapere più di tanto, quello che so e di cui di tanto in tanto mi diletto a scrivere, lo so perché sono curioso, e perché delle cose di cui sono curioso mi informo, cercando di non dire sciocchezze (probabilmente non sempre ci riesco).