Il fotografo Giovanni Izzo nel documentario “Plastic war”, in onda giovedì 22 luglio alle 23 su Rai2.

giovanni izzo

Il fotografo Giovanni Izzo nel documentario “Plastic war”, in onda giovedì 22 luglio alle 23 su Rai2.

Un sistema economico malato nel quale vige la cultura dello scarto, un’economia che uccide, con 396 milioni di tonnellate di plastica vergine prodotte su scala globale ogni anno. Sono alcuni dei temi trattati nel documentario “Plastic war”, in onda giovedì 22 luglio alle 23 su Rai2.

 

Un viaggio proposto da Rai Documentari che conduce in un mondo da 840 miliardi di euro: il mercato europeo della plastica e il suo indotto, per mostrare il vero volto del “materiale del secolo”, le lobby, gli interessi delle grandi aziende, lo scempio ambientale. Dalla spiaggia di plastica di Castel Volturno ai corridoi delle istituzioni europee, si combatte una guerra senza fine. Da quando la sostenibilità è diventata popolare, il gioco si è fatto molto più duro per le grandi industrie e il campo di battaglia è la “comunicazione che convince di più”: da una parte ci sono i rappresentanti del settore pronti a difendere la reputazione della plastica, dall’altra le Ong ambientaliste che si occupano di rifiuti, di inquinamento marino e, soprattutto, di lobby e in mezzo ci finiscono sempre loro, i consumatori.

 

Le telecamere di Rai Documentari entrano nei corridoi di Bruxelles per raccontare una delle più importanti battaglie normative contro l’usa e getta: la direttiva Sup. E ancora nei palazzi dei poteri forti, che continuano a confondere i consumatori con operazioni di comunicazione in stile “greenwashing”: l’obiettivo è mantenere alti i profitti, senza modificare la catena di produzione e la struttura industriale della nostra società consumistica.

 

Per poi scendere negli inferi delle terre ferite dall’inquinamento seguendo Giovanni Izzo, un fotografo campano, originario di Grazzanise,  che ha dedicato tutta la sua vita a combattere il degrado ambientale e umano con l’arte delle sue opere in bianco e nero.

 

Il documentario di Catia Barone, prodotto da Rai Documentari con la regia di Leonardo Lo Frano, racconta due mondi paralleli, solo a prima vista distanti l’uno dall’altro: lo scempio ambientale e umano sono il risultato di decenni di politiche orientate alla produzione continua e senza sosta.

 

Giovanni Izzo è uno dei maggiori fotografi italiani: ha frequentato l’Istituto d’Arte e si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Decisivo l’incontro con Mimmo Jodice, così la passione per la fotografia diventa viscerale e totale. Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1978. Si è affermato al Kodak European Gold Award. Molte le pubblicazioni.

 

Le sue Fotografie sono state presenti a corredo di non pochi documentari di indagine televisiva nazionale e internazionale sulle tematiche richiamate, e studiate, anche per seminari universitari. Dall’Università di Bath, a Cambridge, alla John Cabot, alla Federico II, alla Vanvitelli, al Suor Orsola Benincasa, Università per Stranieri, le sue immagini parlano e valgono una lezione intera, anzi da esse sono scaturite interessanti tesi di laurea.

 

Ha messo a disposizione del cinema il suo impegno e la sua conoscenza del territorio e delle persone che vivono in condizioni estreme in un’area martoriata e devastata. Non a caso diversi scrittori e case editrici hanno chiesto come copertina dei propri libri uno scatto di Giovanni Izzo. Scatti che raccontano la violenza, l’abbandono, il degrado, le vittime, i soprusi, l’ingiustizia che ha ricoperto una vasta zona di territorio e che Izzo ha registrato e portato allo scoperto attraverso una serie di mostre e video proiezioni che hanno scosso le coscienze.

 

“La sua fotografia è imponente, umana, delicata, compassionevole, ma allo stesso tempo non concede tregua, il fotografo interroga e tenta di raccontare l’umano. Le sue fotografie sono un coro di sogni, delusioni, rabbia, felicità, stupore, lacrime e gioia. È uno sguardo umano che non offende, ma contempla. A volte denuncia, forte, senza compromessi, dura. Ma anche e soprattutto uno sguardo che fa trasparire e traspirare la possibilità della speranza. È il fotografo che ha meglio documentato l’insediamento della comunità africana nell’entroterra campano. Izzo ritrae gli umili, gente lontana dai riflettori e racconta di fame, di dolore e di miseria, ma anche di occasioni di riscatto e giorni di festa: nascite, matrimoni, morti, abusi, dolore, gioie di questo popolo migrante che si è installato in una terra di nessuno sognandola come una nuova Africa, una terra promessa per una nuova genesi”. (Matteo De Simone)