Quattro chiacchiere con il musicista Joseph Foll

Joseph Foll

Quattro chiacchiere con il musicista Joseph Foll

Chiunque “bazzichi” il mondo dei concerti in provincia di Caserta, ha ascoltato almeno una volta dal vivo Joseph Foll, presenza significativa e originale del panorama musicale della nostra terra. Joseph è un cantastorie, un menestrello, un giullare, un calciatore, un quasi avvocato, un poeta, un pescatore di sogni, un eroe delle emozioni.

 

In questi anni le sue canzoni sono state cantate a memoria, passando di bocca in bocca, tra un bicchiere di vino e un abbraccio scambiato a notte fonda al chiaro di luna. Joseph scrive la colonna sonora perfetta per accompagnare le serate di provincia, tra una piazza semivuota e una passeggiata al mare, mette insieme la voglia di afferrare la vita coi denti e la nostalgia di tutte le cose mai vissute.

 

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui in occasione della sua partecipazione alla finale del premio “Musica contro le mafie”, una associazione della rete di Libera che organizza il primo e più importante Premio musicale Europeo dedicato alla musica con tematiche legate al sociale.

 

Il cantautore campano di Mondragone è stato selezionato con il brano “Sbadiglio” tra i 10 finalisti. Il brano, scritto e interpretato da Joseph, è stato arrangiato da Massimo De Vita, Giuseppe Follera e Manuel Zito, hanno suonato Manuel Zito, Massimo De Vita, Marco Salvatore, Antonella “Antoa” Bianco, Agostino Pagliaro.

 

 

 

Chi è Joseph Foll? Raccontaci come ti sei avvicinato alla musica.
Joseph foll è un’idea di Giuseppe Follera, il calciatore che per difendere il musicista inventa questo nome per non farsi trovare sui social dai compagni di squadra. I concerti nei pub il sabato sera non andavano proprio d’accordo con la vita d’atleta, dicono (sorride). La musica è arrivata così, ma le mie serate somigliavano più ad un varietà o un cabaret che a concerti o simili.

 

Come nascono le tue canzoni?
Al ritorno dalle serate di cui ti parlavo prima, iniziavano altri concerti che però si svolgevano a casa davanti ad un pubblico fatto di muri, divani quadri e camino. Così ancora oggi nascono le mie canzoni. Un giro di chitarra e viaggi mentali in cose che ho vissuto e che rivivo, modificando luoghi e personaggi, vivendo in loro oppure accanto a loro. Cose del genere. Cerco di dipingere più che scrivere.

 

Negli anni hai suonato tantissimo dal vivo, nelle più svariate situazioni. Ti va di raccontarci qualche aneddoto divertente delle tue esperienze live che ricordi con particolare affetto?
Di fatti da raccontare ce ne sarebbero tanti da scrivere un libro. Uno bello che mi viene in mente riguarda la prima volta che la musica mi aveva portato a suonare in Francia, ad Annemasse in un piccolo locale Le Tombè, accompagnando Blindur per alcuni suoi concerti. La proprietaria per il nostro atteggiamento timido, ma soprattutto “astemio”, si preoccupava che non ci piacesse il locale dato che non avevamo ancora chiesto neanche una birra. Tanto che il tour manager venne a dircelo. Noi sorridemmo soltanto, dicendo di non preoccuparsi e che fosse tutto ok. La serata finì con due concerti uno dal palco, l’altro in acustico a bancone cantando Adriano Celentano, Al Bano e Romina con la standing ovation finale su Nicola di Bari “Ho preso la chitarra”, cioè la famosa canzone “La prima cosa bella” con Micki Bencivenga a suggerirmi gli accordi. Fu fenomenale.

 

Cosa vedi nel tuo prossimo futuro e quali sono i tuoi progetti per il nuovo anno?
Il tanto atteso disco ma soprattutto che il 2021 per la musica e l’arte in generale sia davvero un anno di ripresa.

 

 

 

 

 

 

 

 

Roberta Cacciapuoti

Roberta Cacciapuoti. Insegnante di lettere, direttrice artistica e fotografa musicale. Arte e musica sono il filo rosso che lega ogni cosa.