L’attività dell’architetto Giovan Battista Landini a Capua

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L’attività dell’architetto Giovan Battista Landini a Capua

Il nome di Giovan Battista Landini, allo stato attuale degli studi, è stato reso noto solo tramite ricerche archivistiche. La sua formazione è avvenuta a Roma. Il suo nome, infatti, compare in un documento conservato presso l’archivio di Stato di Napoli, nel quale si evince che Landini era figlio di “D. Jacopi Francesco Romanus”.

 

Dopo la permanenza romana, l’architetto è presente a Bologna per alcuni lavori “al servizio dell’ordine di Malta”, dopo giunge a Capua. In un primo documento, lo si cita nella città come progettista circa un pagamento al “marmoraro” Nicola Tammaro; nel foglio si legge: “per final pagamento dell’altare maggiore posto in opera nella chiesa delle monache di S.M. della città di Capua servata la forma del disegno del magnifico Gio batta landini”.

 

Il pagamento è datato 1725, anche se sappiamo che Landini è presente a Capua già nel 1718 come assistente per la realizzazione delle fortificazioni. Nel 1733, è autore di alcuni rifacimenti per il convento della Maddalena e viene definito con l’appellativo di Regio Ingegnere.

 

I titoli di ingegnere ed architetto si usavano nel Settecento indifferentemente, poiché non esisteva ancora una chiara individuazione dei corrispondenti campi operativi, anche se c’è da tenere presente che già nei due secoli precedenti si tendeva a chiamare ingegnere l’architetto che avesse conoscenze matematiche. Per una più precisa caratterizzazione di un siffatto professionista bisognerà aspettare la metà del XVIII secolo circa, quando nell’ambiente napoletano, per merito di Antonio Genovesi, Celestino Galiani, Bartolomeo Intieri e Ferdinando Galiani, le nozioni scientifiche acquisite troveranno pratiche applicazioni. In particolare, alcuni elementi di scienze matematiche e fisiche potevano essere assimilate o nella regia università o nell’Accademia militare degli ingegneri, oppure del corpo degli ingegneri, fondato da Carlo di Borbone nel 1754.

 

 

Allo stato attuale, dunque, la presenza del Landini nel Regno di Napoli è testimoniata nei suddetti anni a Capua per le chiese di Sant’Eligio e della Maddalena e nel, 1736, per la facciata della chiesa di Sant’Andrea a Capodrise.

 

Tentando di fare un’analisi stilistica tra le opere realizzate a Capua e la facciata della chiesa di Capodrise, si percepisce quanto Landini sia stato influenzato dall’ambiente artistico napoletano pur non rinnegando la sua formazione iniziale. A tal fine, si deve partire necessariamente della consapevolezza dell’operato di Landini nell’ambito delle fortificazioni. La facciata del convento della chiesa della Maddalena, rispetto a quello delle chiese di Sant’Eligio e di Capodrise, presenta un’architettura molto più austera, conferita dallo stesso portale, totalmente in piperno, con colonne doriche su piedistallo; segue un piccolo atrio a spigoli smussati e voltine a crociera costolonate, le cui soluzioni d’angolo richiamano gli ambienti di sacrestia della chiesa di San Giovanni delle Monache, realizzata su progetto di Ferdinando Sanfelice.

 

Per quanto concerne la facciata di Sant’Eligio, con il suo accenno di convessità e concavità, che tanto dialoga con lo spazio urbano antistante, si assiste ad una maggiore attenzione dei particolari decorativi, meno austeri rispetto alla colonna dorica evidente nella Maddalena.

 

L’attività del Landini in Capua fu probabilmente più articolata di quanto sia dimostrabile attraverso i documenti, forse l’architetto risiedeva stabilmente nella città di Capua, come lasciano supporre gli appellativi presenti nei documenti stessi e per il fatto che fosse in linea con la committenza dell’Arcivescovo Caracciolo, che lo tenne impegnato anche per dei lavori presso la cattedrale, nonché per Capodrise, località che al tempo era casale di Capua.

 

 

Il presenta articolo è estratto dal libro “Terza pagina” di Daniela De Rosa, raccolta di articoli pubblicati sul mensile Block Notes diretto da Franco Fierro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

daniela de rosa
Daniela De Rosa è insegnante di materie letterarie, giornalista pubblicista, autrice di numerosi saggi storici. Per diversi anni ha collaborato con la società Opere Mu.se.a alla Reggia di Caserta, occupandosi di didattica museale.