Cenni sulle chiese delle Pentite

chiesa della maddalena

Cenni sulle chiese delle Pentite

In piena epoca medioevale, quando cominciarono ad imperversare le crociate bandite dal mondo cristiano per conquistare la Terra Santa soggetta al dominio musulmano, ad Ovest e ad Est dell’universo conosciuto e altresì cristianizzato iniziarono a diffondersi numerose leggende o storie sulla figura di Maria Maddalena, ma soprattutto riguardanti il ruolo che ella svolse affianco a Cristo durante la sua missione di predicatore.

 

A tali narrazioni, nel tempo, venne attribuita una veste letteraria, espressa sia oralmente sia in maniera scritta, da cui, successivamente, ebbe fondamento anche la matrice architettonica ed artistica, manifesta attraverso la realizzazione di edifici o opere religiose alla Maddalena dedicati. In Francia, così come in Italia, cominciarono a sorgere chiese e conventi dedicati a questa santa ed un vero e proprio culto venne promosso circa le sue reliquie, la cui ricognizione diveniva, sempre di più, per i numerosi eserciti armati in difesa della fede cristiana un prezioso oggetto di conquista o di contesa da portare, una volta recuperato, in dono ai santuari o alle cattedrali più importanti dei loro paesi d’origine.

 

Con l’avvento della dinastia angioina nel Regno delle Due Sicilie, anche a Napoli, agli inizi del Trecento, venne innalzata una chiesa intitolata della Maddalena, sorta, in origine, nell’attuale quartiere dell’Annunziata. Ancor prima della sua fondazione, nella città partenopea era molto sentita la venerazione per un’altra santa, che come la discepola di Cristo aveva avuto trascorsi da prostituta, cioè Santa Maria Egiziaca, la cui redenzione venne celebrata attraverso la pratica dell’ascesi condotta, a sua volta, in maniera eremitica e penitenziale in una regione desertica.  Frequentemente, in ambito pittorico, soprattutto nell’ambiente napoletano, le due sante sono state raffigurate allo stesso modo; l’unico elemento iconografico che le differenziava era il vasetto degli oli profumati, assente nelle rappresentazioni dell’Egiziaca in quanto è da sempre è considerato uno degli attributi principali identificanti la Maddalena. Al riguardo, è, difatti, opportuno fare riferimento alla narrazione evangelica, in cui si evince che Maria Maddalena con gli oli profumati cosparse il corpo di Cristo a seguito della sua deposizione dalla croce.

 

A Napoli, gli angioini promossero in contemporanea la creazione di istituti sacri dedicati sia alla Maddalena che a Mara Egiziaca, affidando la gestione ad alcuni chierici o ordini religiosi che avevano il compito di recuperare le prostitute, di farle redimere e, al contempo, di attuare delle strategie che arginassero il fenomeno della vendita del corpo, per fini sessuali, di molte giovani donne locali e non. Strutture consimili vennero innalzate anche in alcune località del regno.

 

In Terra di Lavoro vennero fondate in centri come Aversa e Capua; fu proprio in quest’ultima città che, nel corso del Seicento, vennero a conformarsi due chiese destinate alle cosiddette pentite, cioè suore che nella vita precedente alla loro monacazione avevano dato scandalo per la loro condotta peccaminosa e lasciva e, dopo qualche tempo, avevano deciso di redimersi affidandosi alla preghiera e al patrocinio di due sante redente: la Maddalena e Santa Margherita da Cortona.

 

Alla prima venne dedicato il convento già di pertinenza degli agostiniani, successivamente prima occupato dalle Suore Buon Pastore e poi dalle Monache dell’Ordine degli Angeli; alla santa cortonese venne, invece, intitolata la chiesa di San Raffaele, dove in un secondo momento vi si insediarono le Immacolatine. In questi due edifici sacri, per lungo tempo dismessi, avevano gli altari maggiori sormontati dalle pale raffiguranti le sante titolari. Nella chiesa di San Raffaele vi erano, inoltre, due mosaici con lo stemma francescano e gli strumenti della Passione di Cristo.

 

Nella prima metà del XVII secolo, molto importante fu per la città di Capua  la figura di don Lorenzo Menicillo, canonico e primicerio della Cattedrale, il quale, disponendo di un notevole patrimonio finanziario, ordinò nel proprio testamento, rogato, il 2 ottobre del 1631, dal notaio Francesco de Angelis, che a cinque anni trascorsi dalla sua morte molte delle sue proprietà fossero destinate a sostenere dignitosamente giovani prostitute che, abbandonata la strada della perdizione, avessero deciso di essere ospitate nel Conservatorio delle Pentite eretto nella città sotto il titolo della Santa Maddalena, posto nella chiesa San Raffaele, e che alle stesse fossero  devoluti anche i ricavi in denaro provenienti dalle vendite delle sue proprietà stanti in Marcianise e Macerata.

 

La figura di don Lorenzo Menicillo è, tuttora, una testimonianza importante invocata da molti fedeli per risolvere i gravi casi di prostituzione che soprattutto a Capua ha iniziato a diffondersi in maniera considerevole proprio a partire dal Seicento.

 

Negli stessi anni, intanto, cominciarono ad affermarsi altre tipologie di Conservatori, destinate ad accogliere giovani donne e fanciulle bisognose. Fra questi, si ricorda in particolare la Santa Casa dell’Annunziata, ma anche il complesso conventuale annesso alla chiesa del Gesù Gonfalone, destinato ad ospitare le ragazze appartenenti al ceto medio cittadino che avevano deciso di dedicarsi alla vita francescana. Quest’ultimo luogo sacro era stato fondato, alla fine del Quattrocento, dai coniugi Tobia Antonio e Blanca, che avevano fatto modificare la loro abitazione in un vero e proprio monastero con chiostro interno.

 

Il presenta articolo è estratto dal libro “Terza pagina” di Daniela De Rosa, raccolta di articoli pubblicati sul mensile Block Notes diretto da Franco Fierro

 

 

 

 

 

daniela de rosa

Daniela De Rosa è insegnante di materie letterarie, giornalista pubblicista, autrice di numerosi saggi storici. Per diversi anni ha collaborato con la società Opere Mu.se.a alla Reggia di Caserta, occupandosi di didattica museale.